Un gesto d’amore per una città ferita

Di Comune-Info

L’ossessione di una campagna elettorale ricca di odio è stata messa in discussione dalla manifestazione di Macerata del 10 febbraio.

È emerso un movimento vivace che ha ridato significato alla parola antifascismo anche nei giorni seguenti in molte piazze, “una declinazione nuova che attualizza l’antifascismo storico – come scrivono i ragazzi del centro sociale Sisma – e immette una produzione di senso che tiene insieme il rifiuto di ogni discriminazione etnica o razziale, la lotta contro il sessismo e la violenza del patriarcato, la battaglia per le libertà nel tempo della fine dello stato di diritto…”. C’è vita sotto e oltre l’urna, contro e oltre ogni forma di dominio. “Dalle montagne della Valsusa fino alle spiagge del Salento, passando per piccoli e grandi conflitti il vento ha continuato a soffiare, impercettibile, quasi un sospiro… Ora improvvisamente sembra riemersa una capacità di trasformazione della realtà”. Come far crescere quel sospiro, come lasciare agire quel vento nei territori e nella vita di ogni giorno?

Scegliere con coraggio da che parte stare, rifiutare il coprifuoco di un sindaco dal pensiero corto e il furore della sicurezza che militarizza i territori, ricomporrerelazioni sociali e amicizie nel “mare indifferente”, riscoprire il significato di parole pesanti come fascismo, razzismo e sessismo. Il giorno dopo Macerata lo raccontiamo con molte foto ma anche con una riflessione di Paolo Piacentini (Un gesto d’amore per una città ferita), una poesia – suggerita da Rosaria Gasparro – del poeta e scrittore Antonio Piromalli (Amici), un commento di Marco Revelli (Un’umanità variopinta in piazza a Macerata ci ha salvato la faccia e la Costituzione) pubblicato dal manifesto.

Amici

di Antonio Piromalli, poeta e scrittore

“E quali amici potrei avere se non voi,
rari, minoritari,
corrosi dal malore civile
con l’utopia nelle vene
e il diamante nel cervello,
sempre con la caldana, alla caldana,
sempre contro,
contro questa sporca vita,
sporca Italia, sporcato lavoro?
Erratici, statici, lunatici amici,
vene d’oro della inesauribile storia,
caparbi, emarginati,
vele rosse dell’epopea nel mare indifferente,
nel mare intento
dei cani artigliosi
sesterziati ruba-sesterzi,
mi avete dato sogni di voli di leoni,
voi la cui mente batteva come il cuore…”

Poesia scelta da Rosaria Gasparro.

Un gesto d’amore per una città ferita

di Paolo Piacentini

Macerata io c’ero con amore. Io c’ero con la mia nonviolenza. Io c’ero a difendere la tua bellezza. Io c’ero nel rispetto del tuo dolore. Io c’ero tra mille voci diverse io c’ero Macerata io c’ero e ci sarò per amore immenso verso una Regione che amo. Si sabato 10 febbraio bisognava esserci perché – come ha scritto bene Ezio Mauro su Repubblica -, non ha senso chiedere di abbassare i toni se prima non si riconquista una tonalità forte contro ogni violenza e se non si riesce a leggere con chiarezza la gravità di quello che sta accadendo. Bisognava esserci e in modo unitario, purtroppo non è stato così, per dire che Macerata è patrimonio di bellezza ed armonia per tutti, per esprimere una vicinanza forte alla cittadinanza.

È ovvio e quasi banale, dire che una manifestazione non risolve il problema di cosa sarà Macerata il giorno dopo con le sue ferite aperte e il bisogno di sicurezza. È ovvio ma è anche assurdo mettere le due cose in contrapposizione, come se la manifestazione del 10 potesse portare a un peggioramento della situazione.

Carissimo vescovo ho grande stima di te e delle tue parole e l’ho dimostrato con forza condividendo la tua riflessione dei giorni scorsi: un pensiero alto che spazzava via la coltre della volgarità e l’irrazionalità del momento. Caro vescovo però io ieri c’ero e quella manifestazione era piena di tanti volti che come me credono in una Chiesa che non è timida e che sa scegliere con coraggio da che parte stare. C’ero e ci sarò con tutte le mie possibili energie.

Ho grande rispetto e stima per i rappresentanti delle istituzioni locali maceratesi e la mia promessa è quella di metterci la faccia nel promuovere ogni possibile iniziativa per fare in modo che Macerata sia sempre di più la città dove nessuno si senta straniero. Si anch’io metto al centro la sicurezza delle persone e dei cittadini ma squarciamo il velo di cosa vuol dire oggi dare sicurezza ad una città che soffre ma che vuole rimanere accogliente e solidale. Intanto io non parlerei più di sicurezza, un termine che mi sa troppo di territorio da militarizzare ma di “convivenza serena e pacifica”. Ecco mi piacerebbe sentire che uno Stato garantisce a tutti i cittadini una “convivenza serena e pacifica” ( su questo ci sarebbe da scrivere molto e ci tornerò). Non può esistere che una giovane donna delle istituzioni mi dica che dopo quello che è successo ha paura di lavorare per i migranti ospitati legalmente in città. Ecco, gli operatori umanitari devonos sentirsi addosso la solidarietà piena dei cittadini. Il mio più grande auspicio, ovviamente nel pieno rispetto della insindacabile autonomia della giuria, è che Macerata tra qualche giorno riesca a vincere la selezione per diventare Città Italiana della Cultura per il 2020. Se questo accadrà penso che il lavoro dovrà concentrasi fortemente per una rinascita che rilancia sui temi dell’accoglienza e dell’integrazione attraverso la cultura della bellezza. Una rinascita che è fatta di ascolto delle sofferenze dei più deboli, nessuno escluso Una rinascita a cui tutti dobbiamo dare il nostro supporto. Macerata città di tutti orgogliosamente accogliente e innamorata della sua bellezza. Macerata io ci sono: la manifestazione di ieri non era una toccata e fuga.

Un’umanità variopinta in piazza a Macerata ci ha salvato la faccia e la Costituzione (Marco Revelli, il manifesto)